Nome: Dario
Cognome: Di Domenico
Centro di Ricerca: IIT Istituto Italiano di
Tecnologia
Gruppo Lavorativo: Rehab Technologies Lab: https://rehab.iit.it/it/
Posizione: Ricercatore
Lei di cosa si occupa?
Mi occupo del controllo di
Protesi d’arto superiore, per esempio “Hannes”, progetto sviluppato durante più
anni, è appunto la protesi della mano che permette di recuperare alle persone
oltre il 90% delle funzionalità. La peculiarità di questa mano è che ha un
unico motore all’interno del palmo che permette di chiudere tutte le dita in
contemporanea, quindi, tramite il meccanismo differenziale, le dita si adattano
alla presa dell’oggetto. Quello di cui mi occupo precisamente non è lo sviluppo
meccanico e elettronico della mano, ma del controllo: in un certo senso
provvedo a come tradurre le intenzioni umane in un movimento. Attraverso
l’utilizzo di sensori posizionati sulla cute si può misurare l’attivazione
muscolare e cioè quanto un muscolo viene contratto.
Come avviene il vostro processo ideativo - produttivo?
La filosofia del laboratorio è
quella di avere il Soggetto, quindi l’utilizzatore delle protesi e di tutti i
dispositivi che sviluppiamo, come parte centrale del nostro processo ideativo e
di sviluppo (user centered design). INAIL, che è il nostro maggiore
finanziatore da questo punto di vista, ci fornisce la possibilità di avere dei
contatti con delle persone con disabilità che possono essere amputati d’arto
superiore o inferiore oppure dei soggetti con lesioni del midollo spinale i
quali possono utilizzare gli esoscheletri. Esistono al momento quattro progetti
principali ai quali lavorano circa 80 persone (ingegneri, psicologi,
fisioterapisti, neurologi) suddivise in vari gruppi. Quindi durante lo sviluppo
ci sono questi soggetti che danno una mano attraverso dei consigli su come
indirizzare il processo di sviluppo di questi dispositivi.
Fate anche dei test fisici sui soggetti o solo attraverso
simulazioni virtuali?
Abbiamo fatto tanti test sui
soggetti amputati, ovviamente nulla di invasivo, non andiamo a posizionare gli
elettrodi sotto cute, ma facciamo mettere la protesi come se fosse “un guanto”
utilizzandola tranquillamente. Quello che si fa in laboratorio è tutto
sviluppato in maniera esterna, nulla d’invasivo e questo ci ha permesso di fare
dei test ai soggetti sin dall’inizio. Per esempio per la protesi quello che si
utilizza sono due elettrodi: uno sugli estensori e uno sui flessori, è un test
molto rapido sotto questo punto di vista; man mano che si aumentano i gradi di libertà
c’è bisogno di alcuni allenamenti un po’ più lunghi, quindi al soggetto viene
richiesto di fare più movimenti per acquisire molti più dati. Abbiamo anche
test virtuali attraverso visori che ci permettono di controllare la protesi in
realtà virtuale.
Durante i momenti di pausa avete delle sale ricreative in
cui svagarsi e poter riposare?
Si, ne hanno costruita una meno
di 6 mesi fa, non è grandissima ma ha dei divanetti e un biliardino, è spesso
utilizzata durante le pause (pausa caffè – pausa pranzo). Il centro di ricerca
ha quasi 20 anni, quindi probabilmente prima, per molti anni, non hanno avuto
la possibilità di avere una zona in cui poter “rilassarsi”.
Tra quanto tempo pensate di andare sul mercato?
Nel 2022 c’è stato
un bando pubblico per iniziare il processo di industrializzazione del progetto
di Hannes. La protesi, “nata” nel 2014, è stata soggetta a molteplici test sulle
persone amputate le quali hanno notato l’affidabilità e l’efficienza del
dispositivo, quindi l’idea è ovviamente quella di andare sul mercato il prima
possibile. Uno dei nostri obbiettivi principali è progettare un dispositivo
economico, ma di qualità ed efficienza, accessibile a tutte le persone che ne
avranno bisogno.
Il vostro Istituto si muove anche da un punto di vista
ambientalmente sostenibile?
L’IIT, da quasi 1 anno, sta
attuando molti processi che permettano di “risparmiare” da un punto di vista
energetico e di essere appunto molto più sostenibili. Per esempio c’è proprio
una parte che si chiama “IIT going green” che realizza varie campagne per la
sostenibilità, anche se c’è tantissimo da fare ancora.
Sto elaborando un progetto che
dovrebbe ospitare un centro polifunzionale, nel quale il mondo lavorativo e
quello accademico si fondono per creare un ambiente univoco in cui poter
sviluppare in modo sinergico delle soluzioni migliori dal punto di vista
ecologico: cosa ne pensa?
Avere un Centro Polifunzionale è
molto interessante e permetterebbe di fare notevoli passi avanti perché per
adesso la ricerca porta tanto sviluppo, ma nel momento in cui si vuole
realizzare qualcosa si va sempre a rilento. E’ difficile avere un dispositivo
che parte dalla ricerca e entro pochissimi anni arriva alla realizzazione vera
e propria, questo è un problema perché si continua a fare ricerca per “inerzia”,
ma non si arriva ad avere un dispositivo finale che può essere poi utilizzato.
Infatti questo è uno degli obbiettivi del nostro Laboratorio, vogliamo
realizzare qualcosa che non rimanga solo ed esclusivamente a livello di ricerca,
ma che poi possa essere utilizzato da soggetti che ne hanno bisogno. Il nostro
processo è abbastanza lungo, quindi avere un Centro Polifunzionale che possa mettere
in connessione la ricerca con l’industria è sicuramente un punto di forza.
Partnership
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